Speranza - Dicembre 2020
In una condizione nella quale tutto sembra procedere in direzione contraria a quello che è desiderabile e nel momento in cui la paura si impossessa della nostra visione, il gancio al quale ci si può aggrappare è la speranza, come suggerito da Seneca a Lucilio in una delle sue Lettere.
La situazione che stiamo vivendo in questo dicembre 2020 di pandemia da Covid 19 certo ne ha estremamente bisogno per due semplici motivi.
Da una parte, nella prima ondata i piani sui quali agire, quello sanitario e quello economico-sociale erano ben distinti, con il netto prevalere del primo grazie alla accettabile certezza di un rapido recupero economico al termine della pandemia, mentre ora, nella seconda ondata, questi due piani si sono sovrapposti con un’ansia crescente per il lavoro che si aggiunge a quella per la salute.
Dall’altra, le persone vivono una situazione di progressiva incertezza sulla durata della crisi, aggravata dalla delusione patita di fronte all’apparente normalità ritrovata nella pausa estiva.
Esiste, dunque, evidente, un forte bisogno di speranza. Ma di cosa si tratta?
Nelle espressioni del vocabolario la speranza esprime l’attesa fiduciosa di un futuro positivo in relazione a un risultato desiderato.
Non si tratta, però, di un atteggiamento di fiduciosa certezza in un qualcosa che avverrà secondo forme, più o meno, miracolistiche indipendentemente dal nostro agire.
Non si tratta, cioè, di attendere passivamente che la condizione desiderata si realizzi. Si tratta, invece, di porre in essere tutte le azioni possibili per il raggiungimento dell’obiettivo assunto, secondo quella che Ernst Bloch definisce “speranza attiva”.
Così, la speranza in un superamento della pandemia e in una ritrovata - e magari ridefinita -, normalità porta con sé le azioni che ognuno può svolgere, qui e ora, per il conseguimento di tale risultato, indipendentemente dal ruolo che ogni singolo soggetto riveste.
Risultato che, in generale, rappresenta il punto di arrivo cercato, l’obiettivo, rispetto al quale la speranza si propone come generatrice di quelle che Alain Goussot chiama “utopie concrete”.
In realtà, da una parte, la speranza, apre le porte al sogno e all’immaginazione di uno stato da conseguire consentendo al desiderio di prendere forma. Dall’altra, definisce il percorso e le tappe per raggiungerlo. Infine, agevola il movimento verso l’obiettivo cui si aspira grazie all’ottimismo che la guida.
Papa Francesco ne sottolinea questo tratto quando precisa che la speranza “è come buttare l’ancora all’altra riva” e tendere ad essa.
Come dire che la speranza assume le sembianze di un ponte, di un passaggio verso il futuro sognato.
Un ponte che può aiutare anche le imprese a superare il momento di crisi attuale.
La “speranza attiva” consente, infatti, all’imprenditore di percorrere strade sino al quel momento inesplorate - e che apparentemente non vanno in nessun posto - nella ricerca delle opportunità che le crisi sempre nascondono in sé.
Lo fa generando condizioni che consentono all’ottimismo della volontà di unirsi al pessimismo dell’intelligenza nella valutazione del divenire del contesto competitivo, in un approccio problem solving guidato dalla creatività connaturata all’agire imprenditoriale.
Lo fa diffondendo la consapevolezza che i problemi possono essere affrontati considerandoli alla stregua di “opportunità in abiti da lavoro”, che la fiducia nel proprio progetto consente di disvelare.