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Tempo

 

Ogni volta che ci si avvicina alla parola “tempo” per riflettere sul suo significato ci si trova imbarazzati per la varietà di usi che il termine incontra nella nostra lingua.

Invero possiamo parlare di tempo pensando alle previsioni atmosferiche, come pure alla suddivisione di una gara in varie fasi, all’organizzazione di una rappresentazione teatrale o cinematografica, alla musica, alla grammatica con i tempi verbali oppure al divenire, alla durata, alla continuità in cui si collocano fatti, esperienze, avvenimenti, scelte, azioni.

In una prospettiva aziendale è, ovviamente, a questo ultimo significato che si fa riferimento.

Ai nostri fini, quindi, il tempo può essere considerato come una sequenza di istanti in movimento che congiungono una “prima” e un “poi”, attraverso un “ora”, un “adesso”, che nei fatti si trasforma immediatamente in un qualcosa che è passato per dirigersi nuovamente verso un ipotetico futuro nell’inesplicabile tracciato dell’eternità. 

Il tempo dunque è lo spazio variamente organizzato, anni, mesi, settimane, giorni, ore, minuti, secondi, entro il quale si collocano le diverse attività ed è una risorsa preziosa per tre semplici ragioni: è limitato, una volta passato non torna più, quindi non lo si può riutilizzare per fare qualcosa d’altro ed è la rappresentazione della vita.

Per queste ragioni risulta estremamente importante usarlo bene e non sprecarlo, sia come persone, che come organizzazioni, quindi anche come imprese.

tempo

Per fornire in proposito qualche spunto di riflessione al lettore cerchiamo di raccogliere alcune diffuse affermazioni sbagliate sul tempo vissuto in azienda. Si tratta di convincimenti che - una volta sfatati - aiutano a vivere meglio il tempo dell’impresa nella prospettiva di un aperto confronto competitivo.

Eccole nel seguito raccolte:

“il tempo è denaro”: in realtà il tempo non produce denaro, sono le azioni che si svolgono in un certo lasso temporale che possono produrre valore e il valore dipende dal fare bene le cose che sono da fare con il ritmo giusto alternando velocità e lentezza;

“il tempo corre, il tempo vola”: ma il tempo non corre e non vola, passa sempre con la stessa cadenza indipendentemente dalle nostre percezioni;

“il tempo non passa mai”: come detto la cadenza è sempre la stessa, ma se non ci si diverte la sensazione di noia genererà l’impressione di un tempo opprimente;

“dobbiamo recuperare il tempo perduto”: il tempo passato non torna più, non si può recuperare, possiamo solo imparare dagli errori per non perderlo più almeno nello stesso modo in cui lo abbiamo perduto in una data occasione;

“non ho tempo”: al contrario il tempo è più che sufficiente, a meno di voler fare troppe cose nella sequenza di istanti considerata;

“il tempo è contro di noi”: il tempo non è contro nessuno, è “galantuomo” passa inesorabilmente per tutti nello stesso modo.

A ben vedere la quasi totalità delle affermazioni riportate non fa che spingere chi vive l’impresa ad interiorizzare un senso perenne di ritardo rispetto ad un qualcosa che deve-doveva essere fatto per cui tutto deve essere fatto di corsa, velocemente.

Questa sensazione spalanca le porte alla fretta, a quella condizione psicologica che spinge a far presto infondendo un senso perenne di urgenza nel panorama delle cose da fare con l’unico risultato di generare dosi di ansia e stress nella rincorsa delle attività da svolgere.

Su questa strada si arriva spesso a confondere la fretta con la rapidità. Cosa, al contrario ben diversa, in quanto riferita al contenimento dei tempi per lo svolgimento di una certa azione attraverso l’attenzione ai segnali deboli, alla giusta combinazione di lentezza e velocità, alla definizione delle priorità di azione, alla scelta del tempo in cui agire, alla capacità di cogliere le sincronie con le altre organizzazioni, al contenimento degli errori che dovessero popolare il percorso produttivo e alla riduzione degli sprechi di tempo.

E’ alla rapidità dunque che il decisore deve guardare piuttosto che alla velocità e la fretta.

Tutto questo nella consapevolezza che nella usuale tripartizione temporale tra presente, passato e futuro l’unico momento in cui si può agire è quello che S.Agostino definiva il presente del presente, “il qui e ora”, ma intriso di un presente del passato, la memoria, e di un presente del futuro, la visione dell’avvenire desiderato.

Così, come Richard Normann suggeriva, in questo continuo divenire delle cose il decisore aziendale è chiamato a vivere “qui e ora”, ma contemporaneamente come esule del passato e visitatore del futuro.

In questa prospettiva l’uso del tempo dovrebbe risultare agevolato e non pesare sulle persone in modo da consentire loro di assolvere alle diverse funzioni cui sono chiamate vivendo costruttivamente il presente: non come un tempo dilatato in cui cercare di massimizzare tutto nel più breve tempo possibile, ma come un presente agente sull’oggi nella visione del futuro desiderato e della memoria del passato.

 Agosto 2020

Parole e conchiglie 2020C