Non esiste futuro senza memoria. E’ questa un’affermazione ampiamente diffusa che lascia però spesso indefinito il concetto centrale che la sostiene: la memoria.
Parlare della memoria significa parlare della facoltà di conservare traccia di esperienze passate e di farle, o vederle, affiorare alla coscienza in determinati momenti nella vita di ognuno, delle organizzazioni e delle comunità.
Ma perché alla memoria, che esprime un concetto legato a ciò che è accaduto, quindi al passato, è riconosciuta una così grande importanza, in un tempo contraddistinto da una vorticosa e pressante quotidianità?
Escludendo il fatto che possa trattarsi di un’affermazione puramente retorica, si potrebbe pensare che l’importanza riconosciuta alla memoria derivi dal fatto che diffonde sicurezza nelle scelte: in realtà, riduce il rischio di abbagli dovuti al credere di aver avuto idee innovative, o inventato cose nuove, che nei fatti già c’erano.
Ma si potrebbe anche sostenere che è importante perché consente, o dovrebbe consentire, di evitare errori compiuti nel passato e in questa prospettiva avviare percorsi di progresso e miglioramento continuo attraverso l’esperienza.
O perché sintetizza ciò che ha condotto al momento che si sta vivendo, dal quale si può alzare lo sguardo verso il domani, intravedendolo attraverso una reinterpretazione creativa del passato, o comunque in controluce allo stesso.
Forse, però, la rilevanza riconosciuta alla memoria poggia, soprattutto, sul fatto che le persone, le organizzazioni e le comunità sono consapevoli di essere quello che sono per il bagaglio di esperienze che hanno alle spalle.
Bagaglio che si è venuto formando attraverso le vicende e le relazioni vissute all’interno dei gruppi sociali frequentati, raccolte nella memoria che si rigenera nel tempo grazie ad una selezione, più o meno consapevole, di ciò di cui si è riconosciuta l’importanza.
In questo senso, potendo a buon diritto dirsi che siamo ciò che ricordiamo, la memoria si rivela come fonte primaria dell’identità, ossia di quei caratteri che determinano il modo d’essere delle persone, delle organizzazioni e delle comunità.
Identità che perciò viene dalle esperienze passate e si plasma attraverso il prisma del presente, nella consapevolezza che ciò che è avvenuto in passato è frutto della visione e della costruzione dell’avvenire di allora filtrato dalla sensibilità di quel momento presente.
Ecco così che la memoria, connettendo i fermenti di futuro disseminati nel passato con un presente gravido di scelte necessariamente orientate al futuro, dà origine ad una singolare connessione di stati temporali, cronologicamente diversi ma tutti sostanzialmente simultanei, nella quale anche le imprese possono e debbono collocare la propria azione.
Ed è in questa capacità di dialogo tra passato, presente e futuro, tra tradizione, quotidianità e innovazione che le imprese possono superare il ciclo di vita biologico delle persone che le popolano, come accade per le imprese centenarie.
Imprese tradizionalmente innovative nelle quali si respira un’atmosfera che consente di armonizzare le conoscenze delle origini e i loro segreti con l’immaginazione e la creatività dell’oggi in un continuum organico tra passato e futuro.
Continuum fondato sulla centralità di una memoria in movimento capace di sintonizzarsi su un presente consapevole che l’innovazione di oggi sarà la tradizione di domani, allo stesso modo in cui la tradizione di oggi è stata l’innovazione di ieri.
Così, le imprese che con semplicità indossano la propria data di fondazione e narrano la propria storia, rivelano un’eredità culturale che trasmette la forza di valori e di ideali capaci di generare fiducia e di superare la barriera del tempo.
Eredità unica, irripetibile, inimitabile.